A proposito di Piano UMTS

di Giancarlo Dessì



parte I

Il 12 novembre del 2002 si è svolto, presso l'Istituto Tecnico Commerciale "Levi" a Quartu, un seminario nell'ambito delle iniziative che la Direzione Scolastica regionale ha attivato per la presentazione del Piano Ministeriale di Formazione Competenze Informatiche, noto come Piano UMTS perché finanziato con fondi derivati dalla concessione delle licenze ai gestori UMTS nel 2001.


Si tratta di un grosso progetto che coinvolgerà nell'ambito nazionale circa 160.000 insegnanti dalla scuola dell'infanzia agli istituti d'istruzione di secondo grado.


In questa sede non è il caso di dilungarsi sui contenuti e sugli obiettivi del piano, facilmente reperibili presso il sito del MIUR e presso i siti di altre istituzioni scolastiche. In poche parole, il piano si propone l'obiettivo di potenziare le competenze informatiche della popolazione scolastica allineando l'Italia agli standard fissati dalla Comunità Europea per l'E-learning. In altri termini, la Scuola italiana deve fornire agli studenti le competenze informatiche di base attraverso una serie d'interventi che devono rientrare nell'ordinaria attività didattica curricolare per mezzo delle nuove tecnologie.


Per raggiungere questo obiettivo sarà necessario incrementare il rapporto computer/allievi, ancora basso in molte scuole italiane, dotare tutte le scuole di un accesso ad Internet o - meglio ancora - le stesse aule scolastiche. Per raggiungere l'obiettivo sarà inoltre necessario migliorare le competenze informatiche del corpo docente. In effetti nessun obiettivo contestuale è raggiungibile se gli stessi insegnanti sono poco propensi all'uso del computer e all'applicazione di tecnologie informatiche e multimediali nella didattica.


Il piano UMTS intende potenziare le competenze informatiche degli insegnanti, concentrando le risorse soprattutto nei settori dove ancora l'applicazione delle nuove tecnologie è ad un modesto livello.


L'attuazione del piano di formazione si articola in tre differenti livelli di competenze:


Livello A. Interessa gran parte del target e si propone lo scopo di formare un nutrito numero di docenti che hanno competenze informatiche nulle o modeste. Si tratta di un vero e proprio corso d'alfabetizzazione informatica integrato con alcuni moduli specifici sull'applicazione dell'informatica nella didattica. Il corso è articolato in 14 moduli, di cui i primi sette s'identificano con il programma ECDL per il conseguimento della "patente europea", i restanti sono dedicati all'uso delle IT nella didattica. In Sardegna saranno coinvolti circa 5500 docenti a tempo indeterminato, dei quali il 30% presta servizio presso le scuole dell'infanzia e le scuole elementari. Il restante 10% si ripartisce fra scuola media inferiore e scuola media superiore. I corsi saranno articolati in gruppi classe di 15 corsisti.


Livello B. Interessa un target più limitato, fondamentalmente un docente per istituto (due per gli istituti con oltre 700 allievi). Il corso è finalizzato a fornire una competenza di livello superiore nell'uso delle IT nella didattica e nella comunicazione. Il ruolo dei

destinatari di questo corso sarà quello di promuovere e coordinare l'applicazione della multimedialità e dell'informatica nella didattica. Gli stessi corsisti potranno essere utilizzati come tutor d'aula nei corsi del livello A.


Livello C. Interessa un target ancora più limitato: in Sardegna saranno attivati 29 corsi per gruppi classe composti da 15 corsisti, pertanto saranno ammessi poco più di 400 docenti. In questo caso è prevista anche la possibilità di ammettere il personale ATA purché sia dotato dei requisiti necessari. Secondo le direttive ministeriali sarà ammesso un corsista ogni tre istituti. Il corso è finalizzato a fornire una competenza di livello avanzato di tipo tecnico nella progettazione e nella gestione delle infrastrutture informatiche nella scuola.


La fase operativa avrà inizio presumibilmente nel gennaio del 2003 e si svolgerà per tutto l'anno in modo da creare i presupposti per l'adeguamento agli standard europei, previsto per il 2004.


Come si può osservare, il piano, pur interessando solo una parte del corpo docente della Scuola italiana, è di per sé grandioso sulla base del numero delle persone coinvolte e delle strutture di formazione impiegate (laboratori d'informatica, enti di formazione pubblici e privati, enti universitari, ecc.). Solo nella nostra regione si dovranno organizzare quasi 500 corsi, di cui 380 per il livello di base.


Come in tutti i progetti faraonici non mancano le perplessità e le polemiche. Al di là delle finalità che il piano si propone, che sono inopinabili se non per pura demagogia, qualche perplessità si deve pur esporre per lo meno da un punto di vista tecnico. In questa sede intendo esporre le mie, premettendo che si tratta di considerazioni espresse da "uomo della strada". Non possiedo particolari competenze per fare un'analisi critica e le mie argomentazioni sarebbero sicuramente messe all'angolo dal politico o dal burotecnocrate di turno. Sono sicuro che gli sviluppatori del piano hanno ben ponderato tutti gli aspetti tecnici e operativi affinché gli obiettivi siano raggiunti in modo efficace. D'altra parte l'Italia è piena di esempi di progetti faraonici presentati con grande enfasi ma rimasti in cantiere, o peggio, naufragati più o meno miseramente nei meandri dell'attuazione operativa. Qui in Sardegna abbiamo l'esempio del progetto MARTE: da anni se ne parla, da anni se ne fa a meno; forse qualcuno ha fatto il classico passo più lungo della gamba, in ogni modo il progetto MARTE continua a restare alla fase di proclama.



parte II

1. Obiettivi e relative coperture finanziarie.


Quante volte il corpo docente è stato il capro espiatorio dei limiti della Scuola italiana? Da 10-15 anni a questa parte si identificano gli insegnanti in una categoria di sfaticati e demotivati incompetenti, chiusa a priori a qualsiasi innovazione. E per smuovere questa categoria è necessario martellarla con un'azione capillare di formazione-aggiornamento. Da diversi anni mi capita ogni tanto di seguire un seminario o un corso in cui il guru di turno mi propina una serie di slogan, quasi sempre assemblati in variopinti schemi dentro diapositive di PowerPoint per giungere a conclusioni banali della serie "ragazzo mio, la Scuola non può andare avanti secondo le tue obsolete convinzioni, dovrai attivarti per applicare questi princìpi".

Va bene, dovrò attivarmi, solo che per applicare certi principi (che non mi permetto di opinare) dovrei trasformarmi in una piovra a 20 tentacoli e cinque cervelli autonomi (magari connessi in rete fra loro). Questo perché riforme o linee direttive ideate al banco del bar davanti ad un capuccino fumante e una calda brioche si fermano spesso alle linee di principio delegando agli operatori scolastici (gli unici che effettivamente entrano in aula) l'ingrato compito di attuarle in pratica.


Ho la vaga impressione che il piano UMTS riproponga la stessa minestra: gli studenti italiani escono dalla scuola con scarse conoscenze informatiche perché a scuola non si usa il computer e, chissà perché, la causa va attribuita agli insegnanti che non hanno competenza informatica. Poco importa se molte scuole non hanno laboratori, o sono dotate di pc obsoleti, o hanno una LAN non funzionante perché manca un tecnico di laboratorio, o il server è andato in balla perché la gestione della rete è affidata ad un povero cristo (o peggio ad una "commissione" di amministratori), o se manca il software per far funzionare i pc perché le licenze Microsoft costano, o chi più ne ha più ne metta...


Benissimo, ancora una volta il lungimirante legislatore colma una lacuna: i proventi delle licenze UMTS possono essere utilizzati per migliorare la formazione informatica nelle scuole, in questo modo potremo allinearci agli standard europei. Incredibile a dirsi, migliaia di insegnanti saranno chiamati ad apprendere l'uso di strumenti didattici che in molti casi non potranno essere utilizzati perché mancano fisicamente nelle scuole o sono disponibili solo in misura ridotta. Mi dicono che l'autonomia scolastica viene incontro a questo problema: le scuole "devono attivarsi autonomamente" per raggiungere uno standard tecnologico prefissato (vedi il rapporto numerico pc/allievi, il numero di connessioni Internet, ecc.). Mi dicono che devo essere io, modesto insegnante, a progettare l'innovazione tecnologica nella mia scuola preoccupandomi anche di individuare la relativa copertura finanziaria.


Una cosa che proprio non riesco a digerire è l'anomalia costituita dalla Scuola italiana come azienda integrata in un sistema microeconomico basato sulla figura dell'imprenditore classico. Nei miei libri di economia ho sempre letto che l'imprenditore coordina i fattori produttivi e opera le scelte tecniche ed economiche finalizzate a realizzare un profitto, magari impegnando risorse finanziarie per affidare la progettualità ad uno staff specifico o a professionisti esterni. L'anomalia dell'autonomia scolastica consiste nel delegare ad un fattore produttivo, l'insegnante, alcune competenze proprie dell'imprenditore: io, insegnante, non sono altro che un prestatore d'opera con compiti ben delineati, eppure nessuno mi ha ancora spiegato in modo esauriente in base a quale teoria neokeynesiana gli insegnanti sono tenuti a progettare e a reperire i fondi per finanziare l'implementazione delle infrastrutture didattiche. Come dire che un operaio dovrebbe sostituirsi al suo datore di lavoro, ergo l'imprenditore, e trovare i fondi necessari per finanziare l'acquisto della macchina che dovrà utilizzare per costruire un bullone. Gli insegnanti sono missionari per definizione, forse non tutti, ma è certo che in questi ultimi anni parecchie persone si sono date da fare per presentare progetti finalizzati all'acquisto di tecnologie tramite finanziamenti tramite i fondi comunitari.


Per concludere, ho la vaga impressione che il piano UMTS, sul lato pratico, invece di allineare l'Italia allo standard europeo raggiungerà ben altri scopi: poteva essere un'occasione per impegnare parte delle risorse finanziarie al potenziamento delle infrastrutture informatiche nelle scuole, di fatto sarà un motore che creerà indotto foraggiando le casse di enti pubblici e privati, chiamati a formare gli insegnanti, e dei gestori telefonici, visto che ancora una volta una parte consistente della formazione si identifica nell'autoformazione on line obbligando il povero corsista a impegnare la sua connessione telefonica per entrare in siti intasati, dei produttori di hardware e software, visto che inevitabilmente molti insegnanti si preoccuperanno di dotarsi di un proprio computer o aggiornare quello di cui già dispongono.


Alla fine del 2003 avremo tanti insegnanti pronti ad applicare le nuove tecnologie nella didattica ma molti di loro si scontreranno con una realtà fatta di scuole che dispongono di una decina di computer per una popolazione di 400 allievi.



parte III

2. I misteri del livello C.


Molte persone, almeno fra quelle che hanno partecipato al seminario, hanno espresso diverse perplessità sul livello C, sul quale restano aperti diversi interrogativi.


Qualcuno si è stupito per i requisiti richiesti ai fini dell'ammissione al corso (ad esempio la conoscenza di linguaggi di programmazione) chiedendosi se effettivamente si troveranno tanti

insegnanti in possesso di questi requisiti. Voglio sperare che il legislatore, o chi per lui ha redatto la circolare 55, quando parla di linguaggio di programmazione non si riferisca alla conoscenza dell'HTML perché saremmo davvero in brutte acque. Se così non è, ammesso che in Sardegna ci siano 400 colleghi che conoscano C++ o Visual Basic o Java, a me resta un interrogativo: a che pro? Dobbiamo forse progettare software didattico per conto delle nostre scuole? non mi risulta che occorra conoscere il C++ per far funzionare un pc o una LAN. In ogni caso, visti i contenuti che saranno oggetto dei moduli, penso che potrei fare tranquillamente a meno delle mie modeste conoscenze di Javascript, JScript, Visual Basic e SQL per affrontare il corso del livello C. A parte questa chicca, le mie perplessità s'indirizzano su altri punti deboli.


Innanzitutto la scelta di destinare il corso del livello C ad un insegnante ogni tre istituti. La realtà geografica nella Padania o nell'Italia Centrale forse si adatta a questa scelta, ma come la mettiamo in una realtà come la nostra fatta da Istituti integrati composti da sedi associate distanti nel territorio? Che utilità pratica può avere un insegnante formato "ad alto livello" che dovrà applicare le sue conoscenze in tre istituti, scorporati magari in una quindicina di sedi associate in un raggio di 30 o 40 km? Se avrò la "fortuna" di essere ammesso all'elite mi dovrei occupare della gestione delle infrastrutture informatiche di tre istituti e solo il mio comprende sei sedi associate sparse in tutta la provincia! magari senza rimborso delle spese di trasporto perché, è appurato, noi insegnanti abbiamo il dono divino dell'ubiquità. E' ovvio che tutto questo dovrebbe avvenire fuori dal mio ordinario orario di cattedra, perché secondo la Sig. Letizia è impensabile che un insegnante sia pagato per non entrare in aula.


Abbandonando ogni tono sarcastico è innegabile che ci sono parecchi lati oscuri che ancora non sono definiti: la maggior parte delle scuole provvista di infrastrutture informatiche non dispone di personale tecnico impiegato specificamente nella loro gestione e manutenzione. E non mi risulta che il ministero abbia intenzione di assumere periti o ingegneri informatici per gestire le infrastrutture scolastiche. Invece di pensare a colmare una lacuna, il legislatore si è letteralmente inventato la figura di un improbabile missionario dotato di particolari competenze informatiche che, nel suo tempo libero, dovrebbe garantire il regolare funzionamento delle tecnologie informatiche in almeno tre scuole! Ma siamo sicuri che una persona in grado di sviluppare software, riparare sistemi operativi, progettare e amministrare reti locali e geografiche, sviluppare siti Web, offrire consulenza al personale dirigente e assistenza tecnica a chissà quante scuole-aziende per un compenso incentivante di tre o quattro centinaia di euro all'anno non trovi di meglio e di più redditizio da fare nel suo tempo libero? Insomma, siamo seri, citando Michael MacDonald (autore di "Visual Basic 6 - programmazione client/server", McGraw-Hill) "un database administrator di talento può migliorare enormemente le prestazioni dell'RDBMS, mentre il suo stipendio ufficiale fa arrossire l'amministratore delegato dell'azienda". Mi sembra che le prospettive del legislatore siano alquanto deliranti, per lo meno ben lontane dal reclutare o valorizzare risorse umane, che spesso sono già presenti all'interno delle scuole.



parte IV

3. Gioie e dolori della formazione on line.


Uno dei punti forza del Piano UMTS è la formazione on line: una parte consistente del processo di formazione si dovrà svolgere in rete attraverso l'e-learning. Sinceramente mi trovo un po' disorientato ad affrontare questo aspetto, devo molto alla formazione in rete ma nel contempo sono piuttosto critico nei suoi confronti, forse perché mi vengono in mente differenti approcci alla formazione on line.


Nello scorso anno scolastico è stata applicata la prima esperienza su larga scala di formazione on line da parte del ministero. I destinatari di questa iniziativa erano i docenti neoassunti che hanno dovuto svolgere un'attività di autoformazione nel sito della Biblioteca di Documentazione Pedagogica, indire.it . Parlando con colleghi coinvolti direttamente nell'iniziativa, sentendo voci raccolte qua e là, sentendo diversi commenti nel forum delle funzioni obiettivo, vicini di casa dei neoassunti, mi sono fatto un'idea alquanto negativa sul concetto di formazione on line applicato dai partner del ministero. In effetti non sono riuscito a captare alcun commento positivo in proposito, ne ho sentito di tutti colori: chi ha avuto a che fare con l'e-learning ha dovuto fare i conti con sistematiche difficoltà di connessione, dovute sicuramente alla concentrazione del traffico, con lunghe attese per il download dei contenuti, con l'obbligo di scaricare software necessario per partecipare all'attività di autoformazione, ecc. Ricordo che sulla nostra sponda, sull'isola "felice" delle funzioni obiettivo, circolava un aneddoto a proposito delle disavventure dei neoassunti nel gulag dell'autoformazione.


Nel dicembre del 2001 ero stato incaricato dal mio dirigente scolastico a rappresentare il mio istituto in un seminario di formazione sull'obbligo formativo. Anche in questo caso gran parte dell'attività si doveva basare sulla formazione on line basata per lo più sul download della documentazione. Ricordo che al primo incontro ero rimasto traumatizzato all'idea dei documenti in formato Word che avrei dovuto scaricare. Proprio io che con la dovuta cortesia respingo gli allegati Word ai mittenti delle e-mail invitandoli ad utilizzare un formato più sicuro, più leggero e, soprattutto, non basato su software proprietario. Ricordo che avevo invitato il direttore del corso ad utilizzare metodologie differenti basate su formati leggeri e compatibili con qualsiasi piattaforma, ma le mie richieste sono state accolte con un sorriso sardonico. Ebbene, dove è scritto che debba impegnare il quadruplo del mio tempo per scaricare un documento Word quando esistono formati più leggeri, che debba possedere una licenza Microsoft per assolvere i miei incarichi di lavoro? A quel punto mi sono sentito autorizzato, in piena coscienza, a disertare il corso.


Mi immagino le pene che hanno dovuto subire i colleghi neoassunti a scaricarsi decine o centinaia di KB di presentazioni in PowerPoint o documenti Word o filmati Flash per accedere a contenuti che potrebbero essere contenuti in pochi KB di formato HTML o text. E tutto perché si pensa che l'insegnante sia stupido e non sia in grado di leggere quattro righe messe assieme se non sono intervallate da grafi o animazioni fini a sé stesse. O forse sto travisando e non sono in grado di cogliere la necessità di scaricare del software per entrare in un'aula virtuale. Vogliamo proprio dare un bell'esempio ai futuri divulgatori dell'e-learning! Vogliamo fare in modo che anche i nostri studenti siano costretti a sottostare ai capricci di un modem a 56K per scaricare veri e propri pacchi che poco hanno a che fare con l'ipertestualità perché questa è l'unica via che "ci hanno inculcato"?


Non me ne vogliano i cultori di Word, degli slideshow (sarei lieto di sapere cosa hanno da spartire con l'ipertestualità), delle macchinose animazioni in Flash, ma ho tutt'altra idea dell'e-learning. Personalmente ritengo che nessuna presentazione "multimediale" sarà mai in grado di fornirmi i contenuti che posso trovare un buon manuale d'informatica acquistato in libreria. In ogni modo la mia esperienza di e-learning si basa sulle interazioni di una comunità on line che fa capo ad un sito di sviluppatori, a me particolarmente caro. Un sito frequentato da una comunità eterogenea: dall'insegnante, informatico per hobby, all'ingegnere informatico, allo studente universitario, al liceale che cerca in altri spazi quello che non trova nella propria scuola. La realtà che conosco è fatta da guide ipertestuali distribuite attraverso mailing list, da condivisioni e collaborazioni attraverso i forum tematici e, quando questo non basta, ad approfondimenti per mezzo di scambi con la posta elettronica, il tutto sfruttando soprattutto il testo. Ho visto due ragazzini di 15 anni iniziare a studiare la tecnologia ASP in un tutorial ipertestuale in HTML e realizzare una città virtuale nell'arco di un anno. Ho visto decine di siti Web interattivi costruiti ricorrendo magari agli scambi di idee e nozioni attraverso un semplice forum. Ho visto la nascita di un manuale cartaceo che ha avuto il tutto esaurito all'uscita in edicola e a un tentativo di plagio da parte di due ricercatori universitari proprio dal successo ottenuto da una semplice ma esauriente guida ipertestuale. Insomma, è proprio necessario ricorrere a strumenti macchinosi per fare e-learning? Possibile che proprio noi insegnanti siamo così stupidi da aver bisogno di quattro immagini animate per apprendere un concetto più o meno astratto?


Insomma, per concludere non mi spaventa tanto l'idea di dover fare formazione on line: passo in media dalle tre alle cinque ore connesso al Web per amministrare i miei siti, per partecipare a cinque forum, per gestire cinque caselle di posta elettronica, per documentarmi (senza alcuna imposizione dall'alto) e, quando mi resta del tempo, per navigare. Riesco ad imparare e nello stesso tempo ad essere d'aiuto ad altri senza ricorrere ad alcuna aula virtuale e sicuramente non mi annoio a fare questo. Quello che mi spaventa è dover sprecare il mio tempo a scaricare pacchi per ricevere contenuti che si possono condensare in una semplice pagina Web o leggere in mezza pagina di un manuale.


parte V

4. Quale software promuovere nell'ambito del piano UMTS?


La diatriba fra i promotori del free software e i sostenitori del software proprietario sta assumendo toni sempre più accesi in questi ultimi anni. Qualche anno fa un sistema operativo Linux era improponibile negli ambienti scolastici, ora diventa sempre più user friendly e più familiare nell'ambiente grafico, pur mantenendo profonde differenze rispetto ad un sistema Microsoft. Nel frattempo, nella Scuola italiana, ma aggiungerei in tutta la pubblica amministrazione, si imposta di fatto uno standard proprietario di difficile eradicazione. La realtà è rappresentata da un erronea corrispondenza univoca fra certe piattaforme e i relativi standard Microsoft. Inevitabilmente si identifica un editor di videoscrittura con Word, uno slideshow con PowerPoint, un database con Access. Posta elettronica è sinonimo di Outlook e si è convinti che Internet Explorer sia indispensabile per navigare nel Web perché gli altri browser fanno pena. Tempo fa mi è capitato di scaricare un allegato Word di 40 KB contenente due righe di testo e due link. Per curiosità ho formattato il contenuto in HTML riducendo il peso a soli 500 byte, quasi cento volte inferiore!


E' noto a molti che gli standard Microsoft hanno parecchi scheletri nell'armadio: sono avidi di risorse, non sono certo il massimo in fatto di stabilità e non offrono garanzie in termini di sicurezza. A questi difettucci, che possono passare più o meno inosservati a chi ha poco a che fare con il computer, si aggiunge il costo sempre più elevato degli applicativi e la necessità di ricorrere a frequenti aggiornamenti delle suite e del sistema operativo se si vuole restare al passo. A prescindere da queste considerazioni, veniamo al punto: nel corso del seminario, alla domanda esplicita di un collega, che chiedeva se il Piano UMTS avrebbe offerto l'occasione per divulgare l'uso di software open source, uno dei relatori ha esplicitamente risposto che il piano di formazione si baserà sugli standard Microsoft.


Sbagliare è umano, perseverare è diabolico. In tutto il mondo si moltiplicano gli esempi di pubbliche amministrazioni e imprese private che optano per il free software, perché il mantenimento degli standard Microsoft diventa sempre più oneroso. In Italia non troviamo di meglio che continuare a promuovere lo standard Microsoft nelle scuole, proprio nella sede che sarà deputata a fornire le competenze informatiche! Eppure diversi miei studenti non mi sono sembrati traumatizzati alla vista di un desktop grafico in ambiente Linux. Perché perdere l'occasione di promuovere sistemi alternativi fra i docenti della Scuola italiana? Non troviamo di meglio che ostinarci a promuovere soluzioni onerose che vincolano i nostri allievi o, peggio, li educano all'uso di software pirata. Ogni tanto sento qualche ragazzo che afferma di essere passato ad un nuovo sistema operativo Microsoft o ad una più recente suite di Office, ma nessuno ha mai chiesto la certificazione per ricevere la licenza Microsoft Education. Tutto merito del masterizzatore e di una strategia di marketing che chiudendo un occhio sulla pirateria informatica ha in questi anni imposto uno standard che è ritenuto insostituibile. Complice il sistema scolastico.


Per concludere vorrei raccontare una triste storia di ordinaria follia scolastica. Fra i tanti giovani che ho conosciuto nel Web, c'è Shawn, un liceale romano di 16 anni che con il computer ha una certa familiarità. Programma applicazioni client/server usando ASP nei

server Windows e PHP nei server Unix, considera Access un giocattolo perché usa database più potenti quali MySQL e SQL Server, scrive direttamente in codice sul blocco note di Windows e da mesi studia Java da autodidatta. Come molti giovani della comunità che frequento on line, non ha molte simpatie nei confronti delle piattaforme Microsoft pur non essendo un utente Linux. In uno sfogo sul forum, nella scorsa primavera, lamentava di avere un profitto bassissimo in matematica (strano, non riesco a immaginare uno sviluppatore con scarse capacità nell'area logico-matematica): in effetti a scuola si rifiuta di usare Word o Excel perché si sente mortificato. Qualche collega può obiettare che simili atteggiamenti di rifiuto sono da valutare negativamente, a mio parere il contesto mette in evidenza un fallimento del sistema scolastico: invece di valorizzare le capacità dell'allievo si cerca di sopprimerle. Mi ricordo che in quinta liceo la prof mi aveva esonerato dalle verifiche e dai compiti in classe perché facevo per conto mio il programma di analisi matematica. Mi auguro che l'insegnante di Shawn non identifichi la competenza informatica con il saper usare Office: quel ragazzo non avrà mai bisogno della patente europea perché probabilmente fra dieci anni sarà un ingegnere informatico. E se un giorno dovrà mettersi per qualche motivo davanti ad un foglio elettronico non si strapperà certo i capelli.


Il morale della favola? Ho la vaga impressione che nelle alte sfere del ministero si continui a identificare l'informatica con Microsoft, mentre sono in aumento le scuole che, attraverso libere iniziative, tentano un approccio con Linux nella didattica. Certo siamo ancora ad una fase di vero e proprio underground, però è innegabile che la sperimentazione nelle nuove tecnologie stia procedendo nelle singole realtà scolastiche molto più velocemente di quanto pensino nelle alte sfere.



5. Conclusioni.


Bene, è giunto il momento di mettere fine a queste libere divagazioni traendo qualche conclusione provvisoria. Avremo il tempo di un anno per fare valutazioni più accurate perciò è inutile cercare a priori altri peli nell'uovo.


I colleghi che mi conoscono sono ormai abituati al mio fare pungente e irrisorio, purtroppo non riesco a fare a meno di assumere posizioni critiche in certi contesti. Da anni entro in aula per fare l'insegnante e da anni mi scontro sempre più con una realtà deprimente nella quale il rapporto con la classe è condizionato da vari fattori di disturbo. Non penso di essere un bravo insegnante, però faccio del mio meglio per esserlo cercando di porre rimedio a situazioni spesso generate da scelte discutibili in sede legislativa, ispirate da esperti di pedagogia che probabilmente non sono mai entrati in aula. E ogni volta che un funzionario, un politico o un esperto afferma che il mio modo di far scuola è obsoleto e devo adeguarmi ai tempi sorrido. Ai miei tempi non esisteva certo il computer e la mia prima calcolatrice l'ho acquistata all'età di 23 anni. Questo gap non mi ha certo impedito di adeguarmi alle innovazioni tecnologiche, sarà perché la scuola mi ha fornito di accettabili capacità linguistiche e logico-matematiche ma non ho avuto alcun problema quando poco più di dieci anni fa mi sono trovato alle prese con un computer. E uso il computer molto più del signor tecnoburocrate, abituato a portare a spasso il notebook solo per mostrare la sua bella presentazione in PowerPoint al seminario di turno. Saper risolvere una divisione mi ha permesso di capire l'essenza di un algoritmo e da qui passare al saper programmare il passo è breve. Ho realizzato applicazioni didattiche e giochi, CD-ROM ipermediali, siti Web, informatizzato e messo on line una biblioteca, redatto dispense per sopperire alle carenze dei testi scolastici. E ogni tanto mi capita di rimboccarmi le maniche e riparare computer e sistemi operativi.


Oggi mi trovo spesso davanti a ragazzi che usano una calcolatrice dalla prima elementare però sono disorientati di fronte alla soluzione di un problema perché non sono in grado di elaborare una strategia di pensiero. Le nuove tecnologie sono un'arma a doppio taglio: possono essere un ausilio didattico efficace ma hanno effetti deleteri se si pretende di sostituirle integralmente ai tradizionali canali di comunicazione verbale e scritta e, peggio ancora, sostituirle integralmente al naturale processo evolutivo del pensiero. Probabilmente le mie asserzioni farebbero inorridire i sostenitori della didattica tecnologica però nessuno mi toglierà dalla convinzione che il vecchio e tradizionale metodo di far scuola adottato dal mio maestro alle elementari abbia avuto un ruolo fondamentale nel farmi crescere con una mente elastica. Ma forse l'obiettivo della società globalizzata del terzo millennio è quello di rendere la mente settica e malleabile, pronta a recepire immediatamente uno slogan o un discorso fuorviante, ma incapace di risolvere autonomamente un qualsiasi problema. Mi capita spesso di fare la Cassandra e alla luce di queste considerazioni penso che fra dieci o quindici anni la società industriale sarà formata da semianalfabeti capaci solo di fare click sui link consigliati da mamma Microsoft. Spero di sbagliarmi, una volta tanto, perché lo scenario sarebbe desolante.


In ogni modo, ancora una volta si aggira il problema di fondo dettando dogmi opinabili dall'alto. La Scuola non funziona perché gli insegnanti non sanno usare il computer o non vogliono usare il computer. Nel frattempo, nella mia scuola, i ragazzi che entrano per la prima volta nell'aula d'informatica della mia scuola si sganasciano dalle risate alla vista di quelle scatolette a 133 MHz e 16 MB di RAM che non riescono neppure a far girare i videogiochi, pensando al Pentium IV a 1.7 GHz e 256 MB di RAM che li aspetta a casa.


Ok, da bravo bambino e sostenitore delle nuove tecnologie (sembrerebbe una contraddizione ma...) mi adeguo candidandomi per il livello C. Chissà che non abbia finalmente l'occasione di scaricarmi un multimediale in Flash che mi spieghi come diamine faccio ad usare FrontPage per costruire il sito Web del mio istituto. Però, consentitemi l'ultima cattiveria: non riuscirò mai a capire perché non abbiano destinato il corso di formazione delle competenze informatiche ai tecnoburocrati del ministero e rispettivi consulenti e impiegato più proficuamente i fondi UMTS per l'acquisto di tecnologie informatiche per le scuole.


Datemi le risorse e vi risolleverò la scuola, disse l'insegnante ;-)


Giancarlo Dessì

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